Archivio per ottobre, 2012


Traduzione a cura di Denis Gobbi

La stampa 3d metterà fuori gioco le forniture globali di prodotti? Sembrerebbe essere una possibilità reale in accordo con un recente report di “Transport Intelligence” &  “Smart Planet Reports”.

La stampa 3d (o la “produzione addittiva”, come viene chiamata nei circoli industriali) colpisce la produzione delocalizzata e la riporta vicino al consumatore. Ha un enorme potenziale che potrebbe mutare gli equilibri del mercato.

 I prodotti saranno meno costosi da produrre con il mercato domestico, contro la manifattura e la produzione massiva da paesi con una bassa media salariale.

Il report, scritto da John Manners-Bell di “Transport Intelligence” e Ken Lyon di “Virtual-Partners Ltd.” tratta del crescente ruolo dell’automazione nella produzione risultante dalla stampa 3d.

Le nuove tecnologie che si stanno attualmente sviluppando possono rivoluzionare le tecniche produttive, cambiando una grossa porzione dell’attuale manifattura che diventerà automatizzata rimpiazzando l’attuale uso di grandi e costose forze lavoro. Questo potrebbe tradursi in una tendenza inversa all’attuale globalizzazione che ha caratterizzato l’industria ed il consumo degli ultimi decenni che si è basato su un compromesso tra costi del lavoro e costi di trasporto.

Le aziende dovrebbero gradualmente allontanarsi dalla produzione sulle lunghe distanze mano a mano che si rende più conveniente la produzione di massa distribuita nelle case. “C’è ovviamente un salto enorme tra un processo di fabbricazione che può attualmente produrre una tantum e uno che può sostituire produzione su larga scala”, ” Comunque, in teoria, non c’è motivo per il quale l’avanzamente tecnologico non potrebbe incrementare la velocità di produzione e ridurne ancora i costi unitari”.

Il report aggiunge che la stampa 3d “è già molto avanzata nel produrre prodotti (anche con parti mobili) che prima avrebbero richiesto l’assemblaggio di multipli componenti” e questo “elimina la fase di assemblaggio che si tradurra in grandi risparmi per il produttore in termini di costi del lavoro”. La produzione basata sulla stampa 3d può ridurre anche i costi di stoccaggio, trasporto e distribuzione.

Eventualmente, la produzione potrebbe essere eseguita direttamente nelle case dei consumatori, riducendo quella che era una serie di operazioni di rifornimento ad una semplice transazione software.

Fonte: KurtzweilAI

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Traduzione a cura di Denis Gobbi

Punto di vista di Leo Gesvantner: ricercatore.

I miei interessi attuali ruotano principalmente attorno all’attivismo sociale. I miei articoli e conferenze sono stati temporaneamente messi in disparte, a causa del mio lavoro che coinvolge il Progetto Shedfarm, un progetto comunitario di agricoltura che ho sviluppato negli ultimi mesi. Come attivista, la mia attenzione tende a coinvolgere la scienza, la tecnologia, le arti e le capacità dell’umanità ed usarle per il bene di tutti. I miei articoli, conferenze e progetti personali riflettono fortemente tutto ciò.

Il picco del petrolio è la maggiore (e giustificatamente) preoccupazione a cui mi è capitato di pensare più e più volte negli ultimi tempi. Per quelli non familiari a questo tema, il picco del petrolio è quel punto dove la produzione di petrolio raggiunge un “picco” e comincia poi costantemente a declinare, portando alla fine ad uno scenario dove l’energia richiesta per estrarne di nuovo è maggiore di quella effettivamente contenuta nella quantità che ne viene estratta — giunti a questo punto, semplicemente il continuare a produrre petrolio accellera l’esaurimento delle riserve d’energia ancora più velocemente.  Fortunatamente, solamente grazie alle capacità scientifiche ed ingegneristiche degli esseri umani, questo scenario non si manifesterà mai.

Peak Oil

Peak Oil

Gli Stati Uniti sono, di gran lunga, i più grandi consumatori di petrolio —  consumiamo tanto petrolio quanto tutte e 5 le nazioni insieme che ci seguono nella classifica ed il 40% in più dell’intera Unione Europea. La maggior parte del petrolio (come tutti gli altri combustibili fossili) vengono impiegati nei trasporti, nella produzione di energia, nell’industria petrolchimica — altri maggiori consumatori di petrolio sono l’industria manifatturiera, quella metalmeccanica pesante e gli impianti di  riscaldamento per edifici residenziali e commerciali, comunque questi ultimi sono facilmente rimpiazzati da sistemi che funzionano direttamente ad elettricità (1) (2) (3). Così è mia opinione dire che il maggiore impiego di combustibili fossili sia dato dai trasporti (e attualmente ci sono troppe auto, camion, moto, treni, aerei, navi, ecc da sostituire facilmente o rapidamente con veicoli elettrici, così com’è anche per quanto riguarda gli usi produttivi e di riscaldamento) che dal riscaldamento dell’acqua per produrre vapore e la lavorazione di vari idrocarburi diversi per produrre vari materiali plastici, gomma sintetica, coloranti, vernici etc…

Generare elettricità è ormai obsoleto e non necessario da anni. La maggiore e abbondante sorgente di energia pultita e rinnovabile è quella solare, geotermica e eolica, con rispettivamente ~ 35.000 , ~ 1400 e ~ 15 volte la quantità di energia elettrica consumata a livello mondiale nel 2008. Un sistema globale, decentralizzato, di reti intelligenti di energia – incluse anche fonti come l’idroelettrico e la fusione, quando diventerà disponibile – e contemporaneamente lo sviluppo di migliori ed efficienti sistemi elettrici a basso consumo energetico si tradurranno in una società che produce molta più energia elettrica di quella che potrebbe effettivamente utilizzare, il cui problema principale sarà solamente capire come immagazzinarne gli eccessi.

Skytran

I trasporti sono un problema facilmente risolvibile, anche se richiedono una massiccia ristrutturazione delle infrastrutture di trasporto urbane ed extraurbane ed una significativa riduzione della domanda per quanto riguarda il trasporto privato. Fortunatamente, i sistemi più promettenti come l’ET3 e lo Skytran (4)(5)(6), sono entrambi totalmente automatizzati, a propulsione elettrica, super efficienti, veloci e meno dispendiosi da installare e da mantenere rispetto agli attuali sistemi di trasporto di massa, incluse le autostrade, e portano con se il potenziale necessario a permettere ad ogni individuo di viaggiare in qualsiasi posto della terra che ha accesso a questi sistemi con costi inesistenti o comunque molto contenuti per ogni passeggero, riducendo drasticamente il bisogno — e quindi la domanda — di sistemi di trasporto privati inefficienti e inquinanti.

L’ultimo aspetto di cui occuparci è l’industria petrolchimica —  e fortunatamente abbiamo risolto anche questo problema. Gli idrocarburi —  molecole basate totalmente o prevalentemente da atomi di idrogeno e di carbonio – sono fondamentali per la produzione dei materiali più diffusi attualmente utilizzati come plastica, gomma, vernici, adesivi, asfalto, ecc…. Finchè non scopriremo o svilupperemo nuovi materiali in sostituzione di quelli attualmente in uso, sarà di cruciale importanza per la produzione di questi materiali (7)(8)(9)(10)(11). Gli idrocarburi sono tradizionalmente prodotti da processi di raffinazione in appositi impianti ad alta intensità energetica. Tuttavia, un nuovo metodo sviluppato dall’ “Huber Biofuel Research Group” nel dicembre del 2010 potrebbe permettere la produzione di ogni prodotto sintetico da idrocarburi attualmente utilizzato nell’industria petrolchimica “senza modifiche da apportare alle infrastrutture esistenti” (12)(13). (NDR E’ solo uno dei possibili sistemi, un altro potrebbe essere rappresentato dallo sviluppo dell’industria della canapa, ad esempio.)

Sebbene la maggior parte degli interessati alla questione della prospettiva del picco del petrolio sostengano che il picco globale è già stato superato o si sta rapidamente avvicinando —(14) (15) (16) (17), le tecnologie esistenti attualmente, se utilizzate correttamente e al loro pieno potenziale , potrebbero eliminare completamente qualsiasi minaccia globale all’umanità causata dal picco del petrolio.

Fonti: Zeitnews.org

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Traduzione a cura di Peter Ray

Una visione più cupa

5 ottobre 2012, 17:06 da M.C.K. | WASHINGTON

Il mio collega sostiene che l’ultimo rapporto sull’occupazione Usa aiuterà Obama nella campagna elettorale per la presidenza. Ha sicuramente ragione. Tuttavia, vale la pena di mettere i numeri in prospettiva. La situazione occupazionale è ancora orribile, il ritmo della ripresa continua ad essere dolorosamente lento, e molti dei posti di lavoro creati di recente sono stati a part-time. Sebbene il rapporto indichi un deterioramento sostanziale del mercato del lavoro rispetto a quello che ci si aspetta, è tutt’altro che incoraggiante per chiunque sia rimasto deluso dalla performance dell’economia nel corso degli ultimi anni.

La percentuale della popolazione civile, con un lavoro, part-time o altro, è migliorata negli ultimi mesi. Con un po’ di “strabismo”, è quasi possibile percepire questo ad occhio nudo:

Inoltre, dei 940 mila posti di lavoro civili creati a partire dalla fine del mese di marzo, 819.000 sono stati a part-time.
Se l’occupazione aumenta allo stesso ritmo del periodo che va dall’inizio del 2012 a oggi, mentre la popolazione continua a crescere alla stessa percentuale media a partire dall’inizio del 2007, quanto tempo ci vorrebbe per riportare il rapporto occupazione/popolazione ai livelli pre-crisi?

La linea verde e rossa si intersecano nel mezzo del 2038. Così, invece di un decennio perduto, per gli Stati Uniti significherebbe rientrarci per tre di fila. Buon fine settimana!

Aggiornamento:

Una versione precedente di questo post ha riferito che lavori a tempo pieno sono diminuiti nel corso degli ultimi sei mesi, ma sono stati compensati dalla creazione di quasi un milione di posti di lavoro part-time. E’ stato corretto. E ‘vero che, a partire dalla fine del mese di marzo, 941 mila persone in più lavorano a part-time perché non possono ottenere lavoro a tempo pieno. Tuttavia, ciò non significa che il numero totale di persone con lavori part-time è aumentato in misura corrispondente. In realtà, il numero totale di lavoratori part-time è aumentato di 819000 unità. Tuttavia, la tesi generale rimane la stessa, dal momento che oltre l’87% dei posti di lavoro totali creati negli ultimi sei mesi sono stati lavori part-time.

Fonte: Global Economist

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Traduzione a cura di Francesco Manghi 

I ricercatori dell’Idaho National Laboratory, insieme con i partner a Microcontinuum Inc. (Cambridge, MA) e Patrick Pinhero dell’Università del Missouri, stanno sviluppando un nuovo modo per raccogliere l’energia dal sole con una tecnologia che potrebbe costare pochi centesimi al metro, essere stampato su materiali flessibili e ancora trarre energia anche dopo il tramonto del sole.
Il nuovo approccio, che ha ottenuto due premi Nano50 2007, utilizza un processo di fabbricazione speciale per stampare piccoli anelli di metallo conduttori dentro a un foglio di plastica. Ogni “nanoantenna” è larga come 1/25 del diametro di un capello umano.
A causa delle loro dimensioni, le nanoantenne sono in grado di assorbire energia nella parte infrarossa dello spettro, appena fuori della gamma del visibile dall’occhio umano. Il sole irradia molta energia infrarossa, parte della quale è assorbita dalla terra e poi rilasciata come radiazione per ore dopo il tramonto. Le nanoantenne sono in grado di assorbire energia sia dalla luce solare che dal calore della terra, con una maggiore efficienza rispetto alle celle solari.
“Penso che queste antenne abbiano davvero il potenziale per sostituire i tradizionali pannelli solari”, dice il fisico Steven Novack, che ha parlato della tecnologia nel mese di novembre durante la Conferenza Nazionale di Nanoingegneria a Boston.
Prendendo antenne a livello atomico, i minuscoli circuiti assorbono energia proprio come l’antenna del televisore o del telefono cellulare. Tutte le antenne funzionano per risonanza, lo stesso fenomeno fisico auto-rinforzante che permette a una nota alta a frantumare il vetro. Le antenne delle radio e delle televisioni devono essere grandi a causa della lunghezza d’onda dell’energia che hanno bisogno per intercettare. In teoria, facendo antenne in grado di assorbire la radiazione elettromagnetica più vicina a quella che possiamo vedere è semplice: basta progettare un’antenna più piccola.

Ma trovare un modo efficace per stampare le matrici in scala atomica ha impegnato i ricercatori per un certo numero di anni. “Non è che questo concetto sia nuovo,” afferma Novack, “ma il boom nel campo delle nanotecnologie è quello che ha davvero reso possibile tutto questo.” Il team INL prevede che le antenne possano un giorno essere prodotte come un foglio o pellicola trasparente su macchine a rulli. Fino ad ora hanno testato un processo di imprinting con timbri circolari da sei pollici, ciascuno in possesso di oltre 10 milioni di antenne.
Non è stato immediatamente evidente quali strutture potessero essere utilizzate per l’energia solare. In un primo momento, i ricercatori hanno considerato l’accoppiamento tra antenne tradizionali e celle solari, per rendere queste ultime più efficienti. “Poi abbiamo pensato di ripartire da zero”, dice Novack. “Ci siamo resi conto che avremmo potuto rendere le antenne macchine per la raccolta energetica.”

Un’alternativa economica.

I pannelli solari commerciali solitamente sono in grado di convertire meno del 20% dell’ energia utilizzabile che li colpisce per trasformarla in energia elettrica. Ogni cella è fatto di silicio drogato con elementi diversi per aumentarne l’efficienza. “L’offerta di silicio trasformato è ridotta, e diventa sempre più costoso”, dice Novack.
Spera che lenanoantenne solari siano un’alternativa più efficiente e sostenibile.
Il team stima che le singole nanoantenne siano in grado di assorbire circa l’80% dell’energia disponibile. Gli stessi circuiti possono essere realizzati in una serie di diversi metalli conduttori, e le nanoantenne possono essere stampate su materiali sottili e flessibili come il polietilene, una plastica che è comunemente usata per i sacchetti di plastica e gli involucri. In effetti, la squadra all’inizio ha stampato antenne su sacchetti di plastica utilizzati per consegnare il Wall Street Journal, solo perché avevano il giusto spessore.
Focalizzando l’attenzione su materiali facilmente reperibili e la produzione rapida dall’inizio, dice Novack, l’obiettivo è quello di rendere i fogli di nanoantenne commerciabili a un prezzo basso, come un tappeto poco costoso.

Messa a punto di strutture sottili.

Il ricercatore Steven Novack mostra un foglio plastico di nanoantenne. Ogni quadrato ne contiene circa 260 milioni. Solitamente nella ricerca e sviluppo della nanotecnologia i prototipi vengono realizzati nella scala del centimetro, ma questo processo di manifattura brevettato dimostra come le caratteristiche in nano-scala del progetto possano essere riprodotte su grandi volumi.

Il vero trucco per creare i pannelli solari a nanoantenne è quello di essere in grado di prevedere le loro proprietà e perfezionare il loro design prima di stamparle in fabbrica. Mentre è relativamente facile da risolvere la fisica di una antenna risonante, complesse interazioni iniziano ad accadere quando si combinano più antenne. Quando sono colpite con la giusta frequenza di luce infrarossa, le antenne producono campi elettromagnetici ad alta energia che possono avere effetti inattesi sui materiali.
Così i ricercatori stanno sviluppando un modello al computer di risonanza nelle piccole strutture, alla ricerca di modi per ottimizzare l’efficienza di un intero array modificando fattori come i materiali e la forma dell’antenna. “La capacità di modellare queste antenne è quello che puù garantirci il successo, perché non possiamo vedere queste cose”, dice Novack. “Sono difficili da manipolare, e piccole modifiche possono comportare grandi differenze.”

Un futuro carico.

Un serie di anelli di nanoantenne, impressa su plastica e ripresa con un microscopio elettronico a scansione. Il filo impiegato è spesso circa 200 nanometri.

Un giorno, secondo Novack, questi collettori a nanoantenne potrebbero caricare batterie portatili, coprire i tetti delle case e, forse, anche essere integrati inei tessuti di poliestere. Pannelli bifoderati potrebbero assorbire un ampio spettro di energia dal sole durante il giorno, mentre l’altro lato può essere progettato per assorbire la frequenza minore di energia prodotta dal calore irradiato della terra.
Mentre le nanoantenne possono essere facilmente lavorate, una parte cruciale del processo deve ancora essere pienamente sviluppato: la creazione di un modo per memorizzare o trasmettere l’elettricità. Sebbene raggi infrarossi possano creare una corrente alternata nella nanoantenna, la frequenza della corrente attuale và avanti e indietro 10.000 miliardi di volte al secondo. E ‘troppo veloce per gli elettrodomestici, che operano sulle correnti che oscillano solo 60 volte al secondo. Così il team sta studiando un modo per rallentare il ciclo, eventualmente inserendo dispositivi di conversione dell’energia come piccoli condensatori direttamente nella struttura dell’ antenna come parte del processo di stampa delle stesse.

I ricercatori INL Dale Kotter (a sinistra), Steven Novack, e Judy Partin stanno sviluppando fogli di plastica flessibili di nanoantenne per raccogliere l’energia solare.

“A questo punto, queste antenne sono utili a catturare l’energia, ma non sono capaci di convertirla”, dice INL ingegnere Dale Kotter, “ma c’è una ricerca esplorativa molto promettente in corso.” Kotter e Novack stanno anche studiando un modo per trasformare l’alta frequenza di corrente alternata (AC) in corrente continua (DC), che può essere immagazzinata in batterie. Una possibilità è di creare antenne con una forma a spirale e introdurre raddrizzatori ad alta velocità o diodi speciali, al fine di convertire l’energia elettrica da AC a DC. Il team ha richiesto il brevetto su una varietà potenziale di metodi di conversione di energia. Siamo a soli pochi anni di distanza dalla creazione di una nuova generazione di collettori di energia solare.

Fonti:  inlportal

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