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Articolo a cura di Denis Gobbi

Molto scalpore ha fatto alcuni giorni fa l’introduzione di uno script sulla nota piattaforma Bittorrent The Pirate Bay che consente di utilizzare la potenza di calcolo dei visitatori del sito allo scopo di minare Monero, una delle criptovalute piu’ di successo al momento.

La notizia è di qualche giorno ormai: The Pirate Bay, il noto sito basato su protocollo di condivisione Bittorrent ha deciso, in completo segreto, di testare un algoritmo javascript offerto da CoinHive che permette di prendere in prestito, durante la visualizzazione del sito, la capacità di calcolo hardware dei visitatori per generare Monero, una delle criptovalute piu’ diffuse al momento, seppur lo stesso CoinHive consigliasse nella documentazione fornita di evitare di tenere all’oscuro i propri utenti in merito a questo innovativo sistema di remunerazione.

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Subito in maniera istintiva nel web è partita l’indignazione, ma è davvero così tragico?

Ovviamente il tenere all’oscuro gli utilizzatori lo è, ma non mi riferisco a questo quanto al potenziale di tale soluzione nel risolvere una crisi che a lungo ha afflitto e ancora affligge sia fornitori che creatori di contenuti costretti a combattere su piu’ fronti per sopravvivere cercando di rendere remunerabili i propri servizi; spesso entrando in conflitto tra di loro.

AAEAAQAAAAAAAAaiAAAAJGYzZWY4NDUyLTNlYzQtNDJiMy1iZDVhLTYyYWFkZmIwYTY0OQNella maggior parte dei casi per farlo ci si affida a un advertising a volte fin troppo aggressivo e costretto a fare i conti con i capricci sia degli utenti che rispondono con vari plugin che bloccano la pubblicità, sia con quelli delle aziende che forniscono la stessa, i quali non sempre sono contenti di far apparire il loro prodotto di fianco a certi tipi di contenuti da loro considerati discutibili. Forse Youtube piu’ di molti altri sta pagando a caro prezzo queste dinamiche. Distinguere i contenuti giusti per un certo tipo di pubblicità filtrando quelli non adatti non è un compito facile e spesso di mezzo ci rimettono i creatori di contenuti, che si ritrovano di frequente ingiustamente tagliati fuori dalla possibilità di poter remunerare il proprio lavoro.

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Altre volte, ci si affida a improbabili abbonamenti, i cosiddetti “paywall” che permettono solo a chi paga un abbonamento di accedere ai contenuti. Non sembra stia funzionando bene come alternativa purtroppo dato il numero di portali che iniziano a percorrere questa strada e che nella maggior parte dei casi finiscono per ritornare sui loro passi.

Finalmente pero’ si affaccia una nuova possibilità, servizi come quello fornito da CoinHive sembrano aggiungere una valida alternativa ai sistemi che fino ad ora l’hanno fatta da padrone, e potrebbero potenzialmente risolvere questo problema. Se ci si sofferma un attimo ad esaminare questa alternativa, prendere in prestito l’hardware dei visitatori è un metodo che comporta diversi vantaggi:

– Non disturba la lettura dei contenuti, di conseguenza l’impatto sull’usabilità del sito internet migliora notevolmente

– E’ equo, nel senso che fintanto che sei sul sito, il tuo hardware lavora per la creazione di Monero utilizzati per generare introiti supportando fornitori e creatori, appena abbandoni la lettura però, il tutto finisce. Presumibilmente piu’ hai dispositivi con alta capacità di calcolo, piu’ la tua capacità contributiva risultera’ essere alta. Se hai dispositivi poco performanti, il tuo contributo sara’ ridimensionato. Spesso la potenza del dispositivo coincide con la capacità contributiva di ognuno.

Qualcuno potrebbe controbattere giustamente esclamando che il costo si ripercuoterà sulla bolletta elettrica, ma in che misura? E’ presto detto, considerando che la maggior parte dei portatili moderni (i computer ad oggi piu’ diffusi nelle case degli italiani) non ha alimentatori che superano i 130W e che difficilmente arriveranno a pieno carico durante la lettura di tali articoli, seppur con un miner in esecuzione, ipotizziamo pessimisticamente un consumo esagerato di 200 Watt, per 5 giorni la settimana, 2 ore al giorno, facciamo 200 X 10 x 52 settimane = 104000 Watts per ora o 104 Kwh.
104 X 0,14 (costo medio dell’energia elettrica tenuto inconsiderazione) = 14,56 Euro di spesa annuale di energia elettrica. Preferite pagare un abbonamento per ogni sito che visitate, innervosirvi per via dell’infestazione di inserzioni pubblicitarie che impestano le pagine o pagare questa piccola spesa sottoforma di energia elettrica, che andrà a beneficiare molto di piu’ chi vi fornisce il servizio, creando effettivamente valore?
Per i dispositivi mobili il discorso potrebbe impattare negativamente sulla durata della batteria, ma si potrebbe adottare un carico di lavoro inferiore e comunque, per chi non lo sapesse, le inserzioni pubblicitarie presenti in pagine web e applicazioni mobili già impattano sulla batteria, e ancora maggiormanete sulla banda dati utilizzata.

Ovviamente, The Pirate Bay non è stato l’unico ad avere questa idea, c’è arrivata anche la criminalità che, a più riprese, ha piazzato codici simili su svariate piattaforme violandole, tentando di farlo in completo segreto a proprio vantaggio (1) (2) (3). Ma questo è spesso accaduto, di uno strumento si puo’ farne un cattivo o buon uso, sta a noi distinguere senza giudicare la tecnologia stessa che per sua natura è considerata neutra.

Potenzialmente un’innovazione estremamente utile, una rivoluzione che potrebbe cambiare in meglio la qualità dell’internet che utilizziamo tutti i giorni, ma che potrebbe determinare una crisi senza precedenti per chi fa dell’advertising il proprio core business, cambiando per sempre il web per come lo conosciamo ora, travolgendo chi non si adatterà all’ennesima applicazione derivata da questa nuova fantastica tecnologia che negli ultimi anni fa sempre piu’ parlare di sè, la blockchain.

 

 

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Traduzione a cura di Denis Gobbi

Il social network vuole portare internet alle persone usando enormi droni che voleranno senza sosta per anni, prime prove attese per il 2015.

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Qualche mese fà abbiamo riportato che Facebook pianifica di fornire l’accesso internet wifi a due terzi della popolazione mondiale che al momento non dispone di connettività alla rete.

Come se ciò non fosse abbastanza impressionante, hanno annunciato anche il modo in cui raggiungeranno il loro obiettivo: usando enormi droni della grandezza di Boing 747 completamente autonomi; grazie all’energia solare catturata dai loro pannelli potranno volare per anni senza sosta.

Yael Maguire, direttore ingegneristico al Facebook Connectivity Lab ha detto al “Mashable’s Social Good Summit” questa settimana che i droni avranno la grandezza di aerei di linea, e che:

Per poter far volare questi velivoli per mesi e addirittura anni senza sosta, dovremo farli volare al di sopra delle perturbazioni e di tutto il traffico aereo.

Il modello sarà ovviamente molto più leggero di un Boing 747, anche se uno dei design è stato detto lungo quanto sei o sette Toyota Prius, esso pesa solamente quanto quattro dei loro pneumatici messi assieme.

Carl Franzen di “The Vergeriporta che Facebook spera di testare uno di questi droni negli Stati Uniti nel corso del 2015, e sono correntemente al lavoro per fare altri test in India e altri 21 paesi tra America Latina, Africa e Asia.

Comunque, non c’è ancora una stima esatta per quanto riguarda il lancio dei primi droni veramente operativi. “Non è chiaro oltretutto come Facebook sarà in grado di gestire tutte le varie restrizioni al volo aereo applicate nei vari paesi” scrive Franzen.

Nel mentre, il team di Google stà lavorando ad un progetto simile, pianificando di usare sia palloni che droni, progetto chiamato Project Loon.

Sembra che la corsa alla connessione dell’ancora non connesso sia un tema caldo di questi tempi. Sei dalla parte del team di Google o di Facebook?.

Fonte: sciencealert.com.au

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dalla rivista “Le Scienze“, edizione italiana di “Scientific American

 

TECNOLOGIA ADATTATIVA – IMPARARE CON LE MACCHINE

Scuole e università statunitensi usano sempre più le tecnologie che adattano i contenuti didattici alle capacità dello studente, liberando gli insegnanti dall’impegno delle lezioni. Ma funzionano veramente?

di Seth Fletcher

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dalla rivista “Le Scienze“, edizione italiana di “Scientific American

IN BREVE

Analisi dati, streaming video e molte altre tecnologie stanno passando dal grande mercato di consumo alle università e alle scuole. I MOOC (Massive Open Online Course), corsi on line aperti a tutti, stanno tentando di portare gratuitamente l’istruzione di livello universitario fino agli angoli più remoti del pianeta. Piattaforme informatiche per l’apprendimento adattativo seguono da vicino i progressi di ogni studente, configurano i contenuti a seconda delle capacità individuali e prevedono l’andamento del profitto. Alcuni obiettano, però, che bisognerebbe investire nella formazione di buoni docenti almeno quanto si investe in tecnologia.
 
Introduzione
 

I BIG DATA VANNO A SCUOLA

La tecnologia sta trasformando ogni aspetto dell’istruzione, portando i migliori corsi  universitari ai cittadini più poveri del mondo e modificando il modo di imparare e di insegnare.

La scuola non è cambiata molto negli ultimi secoli. Gli studenti vanno a lezione, prendono appunti e fanno i compiti; gli insegnanti spiegano e, di tanto in tanto, assegnano un compito in classe. Poi danno i voti e passano all’argomento successivo. Di solito gli studenti, soprattutto i meno avvantaggiati, frequentano la scuola o l’ateneo più vicini a casa, a prescindere dalla qualità dell’insegnamento.
Ma tutto questo sta cominciando a cambiare. In una percentuale piccola ma crescente di scuole, gli studenti seguono le lezioni on line e, quando arrivano in classe, sono pronti per esercitarsi e lavorare con insegnanti e compagni. Interagiscono con software che permettono loro di studiare seguendo i propri tempi, indipendentemente da ciò che sta facendo il resto della classe. Programmi analoghi servono agli insegnanti per valutare compiti ed esercitazioni, aiutandoli a seguire da vicino più studenti alla volta. E le scuole locali non sono più l’unica scelta possibile; nuove aziende e organizzazioni no profit stanno portando corsi on line di alto livello a chiunque abbia una connessione Internet.
Quale impulso muove la rivoluzione digitale? Un fattore è che scuole e università, in ogni parte del mondo, stanno subendo una pressione senza precedenti. Mentre il numero di studenti che aspirano a una formazione superiore aumenta, i finanziamenti sono in calo, e presidi e rettori non hanno i mezzi per assumere gli insegnanti che servirebbero. Contemporaneamente governi e istituzioni (spronati dal mondo del lavoro) alzano i livelli di preparazione che gli studenti devono raggiungere a ogni stadio del percorso scolastico. Molti vedono una soluzione nella tecnologia, mentre altri ritengono che migliori di poco ciò che possono fare i docenti e rappresenti invece una minaccia per la privacy degli studenti. Le pagine di questo dossier esplorano le frontiere di questa nuova era digitale dell’istruzione e quali sono le sue possibili conseguenze per gli studenti, le famiglie, gli insegnanti e l’intera società.

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Traduzione a cura di Daniel Iversen

Siete preoccupati di una censura delle rete Internet da parte di SOPA (Stop Online Piracy Act) e PIPA (Protect Intellectual Property Act) ?Aspettate !! C’è una notizia che fa per voi!

Gli hacker stanno cercando di portare internet al di fuori della portata dei censori, mettendo le proprie comunicazioni satellitari in orbita. Quei bravi ragazzi degli hacker hanno in programma di lanciare satelliti per combattere il “Stop Online Piracy Act” e creare una rete Internet priva di censura.

Secondo il reporter per la tecnologia della BBC, David Meyer, il piano, i cui dettagli sono stati esposti questa settimana durante il Chaos Communication Congress (CCC) di Berlino, è in risposta alla proposta di legge della SOPA (Stop Online Piracy Act), che consentirebbe al governo degli Stati Uniti di bloccare siti Web per presunta violazione delle leggi sulla proprietà intellettuale.

“Il primo obiettivo è avere una rete Internet non censurabile nello spazio” attività dell’hacking Nick Farr, che in un primo momento iniziò a richiedere dei supporti finanziari per quella che è stata soprannominata la “Griglia Globale Hackerspace”, ha riferito in agosto a Meyer, sulla rivista “Friday”. “Portiamo la rete internet fuori dal controllo terrestre….. la comunità [di hacker] potrà immettere umanità nello spazio in modo significativo” .

Si può veramente fare una base Internet nello spazio? Certo, è già stato fatto. Gli hacker saranno capaci di farlo? Discutibile. Questo potrà fermare la censura? Difficilmente. Una rete Internet satellitare commerciale è stata disponibile per un certo numero di anni, ma è lenta, ha capacità limitate, e i viaggi per, e dallo spazio aggiungono notevoli ritardi che possono interferire con alcune applicazioni. Ci sono ragioni valide per cui la telefonia, la televisione e Internet su lunghe distanze si sono spostate tempo fa dai satelliti alle micro-onde terrestri e dopodichè alla fibra ottica.

Meyer riferisce che, mentre alcuni appassionati sono riusciti a lanciare con successo dei piccoli satelliti in orbita per brevi periodi di tempo, la localizzazione di essi, invece, si è rivelata difficile a causa di un budget limitato.
Quelli coinvolti con la “Hackerspace Global Grid” credono di essere in grado di raccogliere capitali sufficienti al fine di superare difficoltà come queste, e in definitiva, sperano di inviare un astronauta dilettante sulla Luna, forse entro il prossimo quarto di secolo.

Nello spirito Open Source di Hackerspace, Mr. Bauer e alcuni amici si sono avvicinati all’idea di un network (distribuito) di stazioni da terra a basso costo che possono essere acquistate e assemblate da chiunque.
Usate tutte insieme in un network globale, queste stazioni sarebbero capaci di individuare i satelliti in ogni dato momento, rendendo più facile e più affidabile da parte dei satelliti l’invio di dati alla Terra.

Il rapporto spiega che gli individui che stanno lavorando al network satellitare lo stanno facendo con uno spirito “Open Source”, con il 26enne Armin Bauer di Stoccarda e i suoi colleghi al lavoro sulle infrastrutture di comunicazione dell’ambizioso progetto.
Con l’assistenza dell’iniziativa tedesca per la ricerca aerospaziale, Constellation, stanno lavorando su quello che Bauer descrive come una sorta di “GPS inverso”, che permetterà loro di conoscere la precisa posizione dei satelliti nello stesso modo in cui il GPS aiuta i gli utenti a conoscere la propria posizione sulla Terra.
Bauer ha riferito a Meyer che il team intende avere tre prototipi operativi di queste stazioni terrestri, il tutto nella prima metà dell’anno prossimo, e sta pianificando di venderli approssimativamente a 100 euro per unità.

Gli esperti dicono che il progetto satellitare è fattibile, ma potrebbe essere limitato da fattori tecnici.
“Satelliti terrestri a bassa orbita, come quelli che sono stati lanciati dai dilettanti fino ad ora, non stanno fermi in un singolo posto, ma cambiano orbita, di solito ogni 90 minuti” dice il prof. Alan Woodward, del dipartimento di informatica presso l’Università di Surrey.

“La comunità [di hacker] può mettere l’umanità di nuovo nello spazio in maniera significativa” ha detto Farr. “L’obiettivo è di tornare a dove eravamo negli anni ‘70. Gli hacker trovano offensivo che abbiamo avuto la tecnologia da prima che molti di noi eravamo nati e non siamo mai tornati indietro” e apparentemente quelli che non seguono la legge, gli hacker, pensano che c’è qualcosa che possono fare al riguardo”.

Fonte: Realnews24

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