Un clima sospetto – (da “Internazionale” n 978 – 7 dicembre 2012)

Pubblicato: 4 gennaio 2013 da ive in News & Articoli, Scienze Sociali
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Articolo di Anita Blasberg e Kerstin Kohlenberg, dalla rivista “Die Zeit“, Germania.

Trascrizione a cura di  Daniel Iversen

Da anni la grande industria paga esperti di comunicazione e scienziati per convincere l’opinione pubblica che il riscaldamento climatico non esiste. L’inchiesta della Zeit.

da “Internazionale” numero 978 . 7 dicembre 2012

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Montoloking, Stati Uniti, 31 ottobre 2012. I danni provocati dall’uragano Sandy.
Andrew Quilty (oculi/vu/emblema)

Marc Morano diffonde il dubbio con la tastiera. Seduto sul sedile posteriore di una limousine nera, imbraccia la sua arma più potente: il computer portatile. Fuori dal finestrino scorre un paesaggio autunnale, mentre Morano pubblica sul suo sito un nuovo titolo a caratteri cubitali: “L’ente del governo statunitense per la tutela ambientale accusato di fare esperimenti sugli esseri umani”. È uscito mezz’ora fa dalla sua abitazione, una grande villa in un sobborgo di Washington, per andare negli studi di Fox News. Siamo alla vigilia della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Doha, nel Qatar, dove i ministri dell’ambiente e i capi del governo di tutto il mondo si incontrano per discutere nuove misure contro il riscaldamento globale. Morano non è un climatologo. Non sa calcolare la pressione atmosferica né analizzare i dati sulle temperature. È un addetto alle pubbliche relazioni: la sua specialità consiste nel formulare messaggi comprensibili a tutti. Quando andava ancora a scuola, negli anni ottanta, ha contribuito alla campagna elettorale dei repubblicani. Telefonava a perfetti sconosciuti e gli spiegava perché Ronald Reagan era la scelta migliore. In seguito, dopo la laurea in scienze politiche, ha fatto il rappresentante di una ditta di depurazione delle acque di scarico. Morano è uno in grado di vendere qualsiasi cosa. È stato invitato a una trasmissione di Fox News dedicata ai consumatori, Money with Melissa Francis, per parlare di energie rinnovabili. Morano si siede davanti a uno sfondo nero. La telecamera inquadra il suo volto, che tra poco arriverà in tutte la case degli Stati Uniti. È un uomo robusto sui 45 anni, indossa giacca e cravatta. Il suo sorriso è cordiale, ma non bisogna farsi ingannare: Morano riesce sempre a provocare i suoi avversari. Durante un recente dibattito televisivo ha interrotto così spesso un climatologo, che alla ine lo studioso non ce l’ha fatta più e gli ha dato dello stronzo. In quel momento Morano ha avuto la vittoria in pugno. Questa volta è da solo in studio e si atteggia a esperto del settore: “Lo sfruttamento dell’energia solare è alimentato dalla paura del riscaldamento globale”, dice con espressione preoccupata. “Ma è solo una questione ideologica”. Morano è l’esponente più aggressivo di una truppa di mercenari pagata profumatamente. È protagonista di una lotta per la quale negli Stati Uniti sono nate almeno trenta lobby. Una lotta inanziata con centinaia di milioni di dollari contro la ricerca sul clima. Già anni fa Morano affermava: “I climatologi dovrebbero essere picchiati senza pietà. Meritano di essere tutti flagellati pubblicamente”. Il suo datore di lavoro è il Committee for a constructive tomorrow, un’organizzazione nata per fare da contraltare ad associazioni ambientaliste come Greenpeace. Negli ultimi anni è stata finanziata, tra gli altri, dalla casa automobilistica Chrysler e dai gruppi petroliferi ExxonMobil e Chevron. Quella di Marc Morano è la storia di un progetto di disinformazione ben organizzato. Un esempio da manuale dell’arte della menzogna. La storia è cominciata più di vent’anni fa, quando il mondo ha preso coscienza di una realtà terribile: l’emissione di anidride carbonica riscalda la Terra. Presto è stato chiaro che le possibili contromisure sarebbero costate molti miliardi ai settori industriali. Soldi che le imprese avrebbero potuto risparmiare se fossero riuscite a contrapporre al cambiamento climatico qualcosa di diverso: il dubbio sui risultati della ricerca. Forse i dati sono sbagliati, forse la Terra non si sta afatto riscaldando. E anche se sta succedendo, magari è un fenomeno innocuo, un processo naturale che non ha niente a che fare con le centrali elettriche a carbone. In questi anni persone come Morano hanno cercato di instillare questi dubbi nella testa dei lettori dei giornali, degli spettatori televisivi, dei giornalisti e dei politici.

La mazza da hockey

Screenshot_2013-01-04-13-59-08Per capire il complesso sistema dell’atmosfera terrestre, nel 1988 più di cento capi di governo hanno fondato l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), un gruppo in cui gli scienziati di tutto il mondo analizzano i risultati degli studi sul clima. I dati sono chiari. L’innalzamento delle temperature aumenta il rischio di tempeste violente, mentre le siccità e le inondazioni diventano più frequenti, i ghiacciai e le calotte polari si sciolgono, il livello del mare sale. “Noi pensavamo di aver finito il nostro lavoro”, dice Michael E. Mann, un ricercatore statunitense dell’Ipcc. “Pensavamo che da quel momento sarebbe stato compito dei politici”. Mann dirige il Centro per le scienze della Terra dell’università della Pennsylvania, l’istituto meteorologico più importante degli Stati Uniti. Il suo ufficio è pieno di oggetti: ci sono pile di riviste scientifiche, e alla parete è appoggiata una vecchia mazza da hockey che gli è stata regalata dalla squadra di un college del Vermont. “È cominciato tutto con la mazza da hockey”, dice.
Nel 1998 Mann era uno scienziato di 33 anni che sognava di dare una spiegazione alle variazioni climatiche. Insieme a due colleghi raccolse i dati sulle temperature di migliaia di anni e analizzò coralli, anelli degli alberi e campioni di ghiaccio polare. Alla fine i risultati furono riuniti in un grafico che lasciò di stucco i tre ricercatori: fino al 1850 la curva della temperatura terrestre era praticamente piatta, ma poi si impennava rapidamente, proprio quando gli esseri umani avevano cominciato a bruciare carbone, petrolio e gas. A Mann la curva sembrava una mazza da hockey. I tre ricercatori pubblicarono il loro studio su Nature, e la “mazza da hockey”, come fu subito chiamato il grafico, li catapultò sulle pagine di Time. Mann, timido e impreparato, finì nelle più importanti trasmissioni televisive d’attualità degli Stati Uniti. La mazza da hockey è la dimostrazione della responsabilità umana nel cambiamento climatico. All’inizio ne erano convinti anche i conservatori. L’influente senatore repubblicano John McCain presentò insieme al democratico Joseph Lieberman una proposta di legge per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica: il Climate stewardship act. La National academy of sciences, l’istituto scientifico più prestigioso degli Stati Uniti, confermò i risultati dello studio di Mann. Ben 928 articoli scientifici sul cambiamento climatico pubblicati tra il 1993 e il 2003 sono arrivati alla conclusione che la Terra si sta riscaldando per colpa degli esseri umani.
Secondo il direttore della rivista Science, è il consenso scientifico più straordinario della storia. “Ma la mazza da hockey”, spiega Mann, “è stata la cosa peggiore che potesse succedere all’industria”. Probabilmente è per questo che nel 2002 un consigliere dell’allora presidente George W. Bush preparò il copione di un’imponente controffensiva. “Forse l’ambiente è il tema su cui i repubblicani (e il presidente Bush in particolare) sono più vulnerabili”, scrisse l’esperto in un rapporto strategico per la Casa Bianca. Secondo lui, bisognava “attaccare frontalmente” gli scienziati per diffondere nell’elettorato dei dubbi sulla loro attendibilità. “È ora di trovare esperti che simpatizzino con le nostre posizioni”. Poco dopo Bush mise insieme un gruppo di consulenti in cui figuravano potenti rappresentanti dell’industria petrolifera. Il Partito repubblicano, inoltre, scelse James Inhofe come presidente della commissione per l’ambiente al senato. Inhofe, un repubblicano dell’Oklahoma che all’epoca aveva 70 anni, definì “burocrazia da Gestapo” l’agenzia governativa per l’ambiente (l’Environmental protection agency, Epa), un’istituzione indipendente che dovrebbe controllare l’applicazione delle leggi di tutela ambientale. Il neopresidente della commissione assunse un nuovo stratega per le pubbliche relazioni: Marc Morano. Inhofe introdusse un’innovazione: le cosiddette scientific integrity hearings, le audizioni per la correttezza scientifica. Il senato si trasformò in un tribunale scientifico. Sul banco degli imputati si ritrovarono ricercatori famosi il cui lavoro era stato confermato centinaia di volte. Per il ruolo della pubblica accusa il senatore chiamò profani come lo scrittore Michael Crichton, che in un romanzo raccontava di climatologi corrotti che mandavano in rovina il pianeta. Poco prima del voto in senato sulla proposta di legge di McCain e Lieberman, Inhofe convocò anche Michael Mann e lo mise a confronto con Willie Soon e David Legates, due ricercatori che si sono fatti pagare profumatamente dalle aziende del settore energetico: ino a oggi Soon ha ricevuto più di un milione di dollari dalla ExxonMobil e da altre ditte. In uno studio controverso, finanziato tra l’altro dall’American petroleum institute, Soon aveva scritto che i dati di Mann sono sbagliati. “Il clima del ventesimo secolo non è né insolito, né estremo”, commentò Soon. Poi Inhofe chiese ai presenti se erano d’accordo sul fatto che l’aumento delle emissioni di anidride carbonica presentava molti vantaggi per la flora e la fauna. “Sono d’accordo”, rispose Soon. “Non vedo molti elementi a favore di questa tesi”, disse Mann. “Tendenzialmente concorderei”, aggiunse Legates. Le riprese televisive di quell’audizione descrivono una realtà semplice: un ricercatore considera il riscaldamento globale un dato di fatto, mentre due suoi colleghi lo mettono in dubbio. Il video, però, non dice che il primo rappresenta il mondo scientifico, mentre gli altri due non sono presi sul serio dai loro colleghi. Alla fine il risultato della votazione in senato sulla legge di McCain e Lieberman, che si svolse il 30 ottobre 2003, fu di 55 voti contrari e 43 a favore. Il Climate stewardship act fu bocciato.

Una scomoda verità

Uummannaq, Groenlandia
Stanley Greene (Noor/Luzphoto)

Nove anni dopo, nell’autunno del 2012, Marc Morano racconta: “Riuscimmo a fermare le leggi sul clima nel giro di tre anni”. Lo dice con l’orgoglio di uno scolaro che parla di un compito in classe andato bene. Morano è seduto a un tavolo del Capital Grill, un ristorante della periferia di Washington che serve ottime bistecche. Un tempo negli armadi a muro chiusi con i lucchetti si conservavano i costosi sigari dei clienti abituali.

“Quando nei ristoranti si poteva ancora fumare”, dice Morano alzando gli occhi al cielo. Non gli piace che la politica interferisca nella sua vita. Non gli piace quando si afferma che il fumo nuoce alla salute, che la foresta pluviale è in pericolo e che la sovrappopolazione è un problema. “È tutta ideologia”, ripete. Morano ama la sua famiglia, i suoi quattro figli e la moglie Jennifer. Gli piacciono la sua villa vittoriana e il suo fuoristrada nero. Gli piace vivere come dice lui. Quando fu assunto da Inhofe come addetto alle pubbliche relazioni, per prima cosa ristrutturò il sito della commissione per l’ambiente, dove raccolse tutti i contributi che negavano il riscaldamento globale. Più un testo se la prendeva con gli studi sul clima, più centrale era il suo posizionamento. Su internet, Morano riusciva a trovare molti articoli del genere. Andava tutto a gonfie vele. Poi, però, nel 2006 l’ex candidato democratico alla presidenza, Al Gore, presentò il documentario Una scomoda verità. Gore mostrava immagini di ghiacciai che si scioglievano, deserti che si espandevano e città allagate. Il suo lavoro era simile a quello di Morano: anche Gore aveva un messaggio e lo formulava in modo che chiunque potesse capirlo. Solo che dietro di lui non c’era l’industria, ma la ricerca scientifica. Il ilm fu proiettato nei cinema e nelle scuole. E all’improvviso si scoprì che l’84 per cento degli statunitensi considerava il cambiamento climatico una minaccia. Morano doveva farsi venire in mente qualcosa. Allora si ricordò della massima del consulente politico Karl Rove, ex vice dello staf di George W. Bush: “Non attaccare i punti deboli del tuo nemico, ma i suoi punti di forza”. E il punto di forza degli scienziati era la loro credibilità.
Il 20 dicembre 2007 le redazioni dei giornali e delle tv di tutti gli Stati Uniti ricevettero un rapporto di 175 pagine – apparentemente serissimo – pubblicato da Morano. Sotto l’intestazione della commissione per l’ambiente, con tanto di stemma del senato, si leggeva il titolo: “Più di quattrocento insigni scienziati mettono in dubbio le cause umane del riscaldamento globale”. Quasi tutte le redazioni abboccarono. Mancava poco a Natale: pochi giornalisti si preoccuparono di verificare i 413 nomi e le relative dichiarazioni. I quotidiani e i telegiornali citarono il rapporto senza sosta: dal New York Times al Boston Herald, dalla Fox News alla Cnn. In realtà 44 di questi presunti scienziati erano solo annunciatori delle previsioni del tempo, 84 avevano lavorato per il settore petrolifero, 49 erano da tempo in pensione e 90 non avevano niente a che fare con gli studi sul clima. Gli altri erano ricercatori che non avevano mai messo in dubbio che il cambiamento climatico fosse provocato dagli esseri umani ma che, come succede spesso nella comunità scientifica, si stavano confrontando criticamente con questioni come l’effettiva velocità dell’innalzamento del livello del mare. I testimoni più importanti di Morano erano due fisici: Fred Singer, che all’epoca aveva 83 anni, e Frederick Seitz, che ne aveva 96 ed è morto quattro anni fa. Negli anni ottanta Singer aveva lavorato per il programma missilistico degli Stati Uniti e Seitz per quello degli armamenti nucleari. I due, convinti anticomunisti al soldo di Ronald Reagan, adesso aiutavano Morano a difendere la libertà dall’ecofascismo. I loro articoli uscivano sul New York Times, sul Wall Street Journal e sul Washington Post. Così, come in passato la mazza da hockey di Mann era inita sulle prime pagine di tutti i giornali, ora i mezzi d’informazione si lanciarono sull’ultima notizia: la situazione non è poi così grave come sembra. In passato Seitz aveva minimizzato i rischi del fumo di sigaretta per conto del produttore di tabacco Reynolds, incassando 65mila dollari all’anno. Singer era stato sul libro paga dei gruppi petroliferi ExxonMobil, Shell e Texaco. Singer e Seitz avevano fondato le organizzazioni Science and environment policy project e Nongovernmental international panel on climate change (Nipcc) con lo scopo dichiarato di gettare discredito sull’Ipcc.
Quelle di Singer e Seitz fanno parte di un insieme di associazioni e istituti finanziati dall’industria che si è sviluppato intorno a Washington: una sorta di villaggio Potëmkin della scienza popolato da esperti pagati che servono gli interessi dei loro committenti. Ci sono lo Heartland institute, l’American enterprise institute, il Marshall institute, il Frontiers of freedom institute e l’Independent institute. Un elenco interminabile di istituzioni che si spacciano per serie e indipendenti e che a loro volta danno vita a entità specializzate sui temi ambientali. Come per esempio il Committee for a constructive tomorrow, il datore di lavoro di Morano. Nel giro di pochi anni queste organizzazioni hanno pubblicato più di cento libri sul cambiamento climatico. Gli autori sono stati invitati a importanti trasmissioni televisive e hanno tenuto conferenze in congressi internazionali sul clima appositamente organizzati. Un meccanismo di menzogne ben oliato e capace di autoalimentarsi. Mentre Mann e gli altri scienziati dell’Ipcc lavorano senza ricevere compensi, in un piano economico per il 2012 trapelato di recente sui mezzi d’informazione lo Heartland institute ha scritto riguardo all’Nipcc: “Sponsorizziamo l’Nipcc per mettere in discussione il rapporto ufficiale dell’Ipcc. Abbiamo pagato 388mila dollari a un’équipe di giornalisti per farli lavorare ad alcune pubblicazioni”. Nel documento si legge inoltre: “Il nostro attuale bilancio ci permette di finanziare persone di grande esperienza capaci di contraddire regolarmente le affermazioni degli allarmisti del riscaldamento climatico. In questo periodo i fondi vanno a Craig Idso (11.600 dollari al mese), Fred Singer (cinquemila dollari al mese) e Robert Carter (1.667 dollari al mese)”. Tra il 1997 e il 2004 l’industria del petrolio e del gas ha investito 420 milioni di dollari per diffondere il dubbio.

Sul banco degli imputati

Screenshot_2013-01-04-13-59-41Alla fine del 2007 l’Ipcc è stato insignito del premio Nobel per la pace. Ma all’epoca negli Stati Uniti non si sentiva parlare da un pezzo di consenso bipartisan o di proposte di legge comuni per la difesa del clima. Anzi, Mann era ancora una volta sul banco degli imputati a Washington. “Questioni aperte sulla mazza da hockey”: era questo il titolo dell’audizione alla quale l’aveva convocato la commissione per l’energia. Mann sapeva bene che non c’era nessuna questione aperta e che i suoi risultati erano indiscutibili, ma era comunque nervoso. Davanti alla Rayburn house, la sede della camera dei rappresentanti, erano parcheggiate le stazioni mobili di tutti i principali canali televisivi. Mentre Mann saliva le scale, i cameraman gli correvano dietro insieme ai giornalisti. Lo scienziato era appena diventato padre e il suo contratto con l’università sarebbe scaduto presto. Per la prima volta in vita sua Mann si era rivolto a un avvocato. A questo punto non si trattava solo di scienza: c’era in gioco la sua stessa esistenza. L’audizione durò tre ore. Uno statistico che fino a quel momento non aveva mai avuto a che fare con gli studi sul clima descrisse Mann come il burattinaio di una cospirazione internazionale, mentre un ex consulente dell’industria sostenne che il ricercatore aveva giocato sporco. Mentre Mann cercava di difendersi, Morano seguiva lo spettacolo dalla sala del pubblico. L’esperto di pubbliche relazioni sapeva che sbarazzandosi di Mann e della sua mazza da hockey sarebbe riuscito a farla finita con l’Ipcc e con tutte le leggi che potevano rendere più costosa la combustione di petrolio, gas e carbone. Quando la sala di Washington si svuotò, Morano andò da Mann e gli porse la mano sorridente. Mann gliela strinse con cortesia, e a ripensarci Morano ride ancora oggi: “Non aveva la minima idea di chi avesse davanti”. Alla fine dell’audizione non venne fuori nessun dato nuovo. Nei giorni seguenti l’American geophysical union, l’American meteorological society e altre trenta associazioni scientifiche si schierarono dalla parte di Mann. Ma il dubbio persisteva.
Quando ripensa all’audizione di Washington nel suo studio dell’università della Pennsylvania, Mann fa un profondo sospiro: “Quelle persone sono ciniche”, dice. “Che Morano non ce l’abbia con me personalmente mi è chiaro. Vuole solo intimidirmi. Vuole intimidire un’intera disciplina”. Mann ha il volto pallido e parla a bassa voce. Tra poco compirà 47 anni, ma ha ancora la timidezza di una persona che si trova più a suo agio in laboratorio che in compagnia di altri. Gli piace esplorare le foreste della Pennsylvania e vivere la pace del college di questa cittadina universitaria, dove abita in una casa di periferia con sua moglie, una biologa. Ed è contento che nella sua casa la corrente elettrica sia prodotta dall’energia eolica. “Ha mai sentito parlare della strategia del Serengeti?”, mi chiede Mann. “I predatori del Serengeti uccidono le loro prede isolando un animale dal resto del branco: quando resta da solo lo aggrediscono”. Nel 2009 la crisi ha colpito anche i mezzi d’informazione. Gli editori e gli studi televisivi hanno ridimensionato le redazioni, e un giornalista statunitense su tre ha perso il posto di lavoro. La Cnn ha smantellato l’intera redazione scientifica e alla fine l’annunciatore delle previsioni del tempo, Chad Meyers, è diventato un esperto di cambiamento climatico. Meyers la pensa così: “È presuntuoso pensare che noi esseri umani possiamo influenzare l’assetto meteorologico fino a questo punto”. Questi tagli, negativi per i lettori, sono stati invece positivi per Morano. Per risparmiare il tempo e le risorse necessarie a indagare sulle questioni climatiche, molte redazioni hanno cominciato a neutralizzare ogni opinione con un’opinione contraria: ogni affermazione di un climatologo è integrata da quella di un negazionista. Nel suo portatile Morano aveva memorizzato migliaia di indirizzi email di giornalisti, suddividendoli in diciannove liste ripartite tra curatori di rubriche, moderatori televisivi, redattori scientifici (“che non sono tanto aperti alle mie tematiche”) e giornali locali (“che accettano sempre tutto volentieri”).

Climategate


Il 17 novembre 2009 Mann stava festeggiando il giorno del ringraziamento insieme alla sua famiglia quando alle 21.57 qualcuno che aveva adottato lo pseudonimo Foia scrisse sul blog Air Vent. Foia riportava l’indirizzo di un server da cui si potevano scaricare mille messaggi privati di posta elettronica dei più importanti climatologi, tra cui quelli di Mann. Cos’era successo? Alcuni ignoti erano riusciti a entrare nel server del dipartimento di studi sul clima della University of East Anglia, nel Regno Unito, e si erano impossessati di email e documenti. Poi li avevano resi accessibili in rete con perfetto tempismo rispetto alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite, che doveva aprirsi all’inizio di dicembre a Copenaghen. Morano stava viaggiando sul sedile posteriore di un’auto a noleggio lungo la Paciic coast highway quando gli squillò il cellulare. Era in California per fare campagna contro una nuova legge sull’ambiente. Un conoscente lo aveva chiamato per raccontargli delle email trafugate, sottolineando che contenevano cose pazzesche. Per esempio, il fatto che Mann aveva scritto in un messaggio di essere ricorso a un “trucco” per mascherare la riduzione delle temperature. Un trucco! Bastava questa parola per dimostrare che tutta la questione del cambiamento climatico era solo una colossale messinscena. In poco tempo il presunto scandalo ricevette anche un nome: Climategate. Morano aprì un sito in cui raccoglieva tutte le notizie sulle email dei ricercatori. Intanto descriveva il caso come “il più grande scandalo della scienza moderna”. Morano lavorò febbrilmente per notti intere finché il Climategate non invase l’universo di Google. In due settimane, la storia sul presunto inganno dei climatologi si diffuse su più di 25 milioni di pagine web. Quasi nessun giornalista lesse i testi originali delle email, ma quasi tutti i mezzi d’informazione accolsero con gratitudine l’interpretazione di Morano: “L’ultimo chiodo sulla bara del riscaldamento globale”. Fox News parlava della “Waterloo del riscaldamento globale” e il quotidiano britannico Daily Telegraph avvertì: “Se siete in possesso di azioni di aziende attive nel settore delle energie rinnovabili, vendetele subito”. Perino la prestigiosa rivista The Atlantic scrisse sdegnata: “La puzza della corruzione intellettuale è travolgente”. La conferenza mondiale sul clima di Copenaghen si concluse con un nulla di fatto. Il senato statunitense bocciò la legge per la difesa del clima presentata dal presidente Barack Obama. Ma poche settimane dopo, nella primavera del 2010, negli Stati Uniti e nel Regno Unito due commissioni d’inchiesta parlamentari assolsero gli scienziati da ogni accusa. Le citazioni a loro carico erano state estrapolate dal contesto. Mann aveva usato la parola “trucco” solo per descrivere una soluzione lecita a un problema statistico e nei set di dati non c’erano tracce di manipolazione. Anche questa notizia comparve sui giornali, ma da qualche parte sulle ultime pagine. Oggi, però, neanche uno statunitense su due crede al cambiamento climatico. “È tutta opera di Morano”, spiega Mann nel suo ufficio. Intanto l’addetto alle pubbliche relazioni ha modificato la strategia dei negazionisti. Gli studiosi del clima non sono più solo dalla parte del torto: ormai sono dei criminali che ingannano consapevolmente i cittadini. E gran parte dell’opinione pubblica gli crede. Nell’agosto del 2010 Mann era nel suo ufficio quando ha aperto una lettera e gli è caduta addosso una polverina bianca. La polizia ha fatto evacuare l’edificio sospettando un attacco chimico. L’Fbi ha avviato un’indagine. Alla ine si è scoperto che la polvere era farina, ma Mann ha capito che la sua vita non sarebbe stata mai più come prima. La Commonwealth foundation, una fondazione di Filadelfia che si batte per “il libero mercato”, ha invitato l’università della Pennsylvania a licenziare Michael Mann e ha organizzato manifestazioni nel campus quasi ogni giorno. Intanto un gruppo finanziato dall’industria del carbone ha invitato su Facebook a boicottare le lezioni di Mann, e su YouTube sono usciti video che ridicolizzavano lo scienziato con una caricatura prodotta da uno studio di pubbliche relazioni che lavora per i repubblicani a Washington. Durante le conferenze di Mann, di colpo in sala comparivano persone che sventolavano in aria cappi da impiccagione. Mann ha cambiato numero di telefono. “Ho tenuto nascoste a mia moglie quasi tutte le lettere minatorie che ho ricevuto”, ha detto in seguito il ricercatore. Insieme ad altri studiosi del clima, Mann ha aperto un sito, Realclimate.org, dove gli scienziati hanno cominciato a controbattere a tutte le accuse. Ma restano in minoranza: i ricercatori devono fornire prove per ogni affermazione, mentre i loro avversari possono sostenere quello che vogliono. Gli scienziati seguono il ritmo lento della ricerca accademica, mentre agli altri serve solo una connessione a internet. In questo modo un piccolo gruppo ha messo nell’angolo la comunità scientifica internazionale, schiacciata da un gigante immaginario che ormai trova sostenitori anche nei tribunali. Nel 2010, Ken Cuccinelli, il procuratore generale della Virginia, ha avviato un procedimento giudiziario per chiarire se fosse il caso di ritirare il titolo accademico a Mann. Cuccinelli, un repubblicano, ha chiesto all’università della Virginia, che all’epoca era il datore di lavoro di Mann, di consegnargli tutte le email, i documenti e i dati dello scienziato. Nel marzo del 2012 il tribunale ha pronunciato un verdetto favorevole a Mann. Tre mesi dopo, il 4 giugno, lo scienziato ha partecipato a una trasmissione della Msnbc, Now with Alex Wagner. Appoggiato a un leggio, ha detto con espressione concentrata: “Da anni gruppi agguerriti finanziati dall’industria cercano di screditarmi con un solo obiettivo: impedire che la politica passi all’azione”. Dall’inizio dell’anno Mann frequenta programmi televisivi, tiene conferenze nelle università e concede interviste a radio e giornali. Inoltre ha raccontato la sua storia in un libro, The hockey stick and the climate wars (La mazza da hockey e le guerre del clima). Le radio e i giornali che si interessano a lui non hanno un grande seguito. Mann non fa notizia, ma si esprime con precisione e chiarezza. Ha deciso di esporsi in pubblico per affrontare Morano sul suo stesso campo: la comunicazione. Il ricercatore è sempre timido. Di fronte alle telecamere inarca la schiena irrigidito, ma per lui è finalmente arrivato il momento di difendersi. Di recente ha ricevuto un’altra email anonima: “Lei e i suoi colleghi meritate di essere uccisi, squartati e dati in pasto ai maiali insieme alle vostre dannate famiglie”. Durante le sue apparizioni pubbliche, ormai Mann è scortato dalla polizia. Diversi colleghi hanno trasferito i loro uffici in zone protette dove le porte si possono aprire solo con un codice segreto.

Katherine Lambert 2012 (2)

Sbarco in Europa

Perché fa tutto questo? Mann parla di sua figlia, che ha sette anni: “Questa battaglia è per lei”, risponde. “E per gli altri bambini”. Ma anche gli avversari di Mann pensano ai bambini. Lo Heartland institute ha pagato centomila dollari a un consulente del ministero dell’energia perché elaborasse un programma scolastico alternativo in cui si spiega ai ragazzi che il cambiamento climatico non è stato dimostrato. Di questi tempi Morano si dedica anima e corpo alla lotta contro le energie rinnovabili. “Sul riscaldamento climatico a Washington ce l’abbiamo fatta”, dice. Quella di Doha è la prima conferenza sul clima a cui non si è sentito in dovere di partecipare. Per lui la guerra è vinta. Solo in Europa i negazionisti del cambiamento climatico sono ancora sulla difensiva. Ora Fred Singer vola spesso oltre l’Atlantico, soprattutto in Germania, dove molti credono ancora ai risultati delle ricerche. Singer vuole cambiare la situazione. Nel settembre del 2010 l’esperto è stato ospite del Bundestag su invito dei liberali della Fdp. Marie-Luise Dött, la portavoce per l’ambiente del gruppo parlamentare della Cdu, è rimasta colpita: “Professor Singer, ho trovato le sue argomentazioni molto illuminanti ed esposte in un bello stile americano”, ha detto la deputata. Gli scettici, ha aggiunto Dött, hanno bisogno di “una maggioranza nella società”. Questa frase, ha comunicato in seguito la Cdu, è stata citata in modo scorretto.
A novembre Singer è stato di nuovo in Germania, a Monaco di Baviera, per una conferenza organizzata dall’Istituto europeo per il clima e l’energia (Eike), con il sostegno del Committee for a constructive tomorrow. L’addetto stampa dell’Eike è Horst Lüdecke, un professore emerito di isica di 70 anni che si occupa di clima da quando è andato in pensione. “Ho appreso i fondamenti della materia da autodidatta”, dice orgoglioso. Nel comitato scientifico dell’Eike ci sono un giornalista e un esperto di scienze forestali, mentre il presidente è uno storico e il vicepresidente un ingegnere elettrotecnico che durante le sue conferenze parla volentieri dello scenario tremendo di un’ecodittatura: niente riscaldamento, niente auto, niente fabbriche. “Siamo quasi tutti pensionati”, dice Lüdecke.
L’Eike non ha una sede, solo una casella postale a Jena, mentre il suo sito è il principale punto di riferimento in Germania per i negazionisti del cambiamento climatico: un cielo azzurro coperto da nubi a pecorelle sovrasta un prato rigoglioso, il logo blu e giallo con una corona di stelle ricorda il simbolo dell’Unione europea. L’effetto è invitante, serio, scientifico. Sulla home page si trovano link a siti statunitensi come quello di Morano oppure a Klimaskeptiker. info, il “forum contro le eresie dell’effetto serra e della salvaguardia del clima”. Di recente l’Eike, fondato nel 2007, è stato dichiarato associazione di pubblica utilità e ora può chiedere ufficialmente donazioni. Ma chi finanzia l’Eike? “È un segreto”, risponde Lüdecke. Quanti sono gli iscritti? “Qualunque informazione potrebbe essere usata contro di noi”, dice l’addetto stampa a bassa voce. Ma l’istituto, aggiunge, ha ottimi contatti con i parlamentari di tutti i partiti. Con chi per la precisione? Lüdecke scuote la testa con aria da cospiratore. “La questione è troppo scottante”. Il mondo dei negazionisti tedeschi potrebbe essere liquidato come innocuo se di recente non fosse sceso in campo un peso massimo della politica: Fritz Vahrenholt, un esponente dell’Spd. Ex responsabile per l’ambiente del land di Amburgo, alla fine degli anni novanta Vahrenholt è diventato manager del gruppo petrolifero Shell per poi passare al gruppo energetico Rwe e prima di entrare nel consiglio di vigilanza di una sua controllata, la Rwe Innogy. Nel 2006 la Rwe è stata coinvolta in una causa contro Greenpeace e ha dichiarato che il cambiamento climatico è solo “una percezione soggettiva, un rischio presunto che non è né concreto né attuale”. Un anno prima un consulente statunitense di pubbliche relazioni che lavorava per la Rwe aveva stilato un documento strategico per contrastare la svolta energetica, raccomandando di creare “una coalizione con altre aziende interessate” e di imparare da statunitensi come Marc Morano.
Nel febbraio del 2012 Vahrenholt ha pubblicato il libro Die kalte Sonne (Il Sole freddo), in cui sostiene che la Terra si sta riscaldando molto più lentamente di quanto si pensi. All’uscita del libro la Bild ha pubblicato una lunga serie di articoli sulla “menzogna dell’anidride carbonica”. Vah renholt è stato intervistato dallo Spiegel, sulla Zeit ha avuto anche gli onori della prima pagina. Intanto è comparso alla Zdf e ai microfoni dello Hessischer Rundfunk, del Norddeutscher Rundfunk e del Südwe strundfunk. Vahrenholt è l’esperto presti gioso che gli scettici tedeschi del cambia mento climatico aspettavano.

Screenshot_2013-01-04-14-00-33Una buona notizia

Il 20 settembre 2012, davanti alla Frauen kirche di Dresda, Vahrenholt ha detto allargando le braccia e sorridendo bonario: “Ho una buona notizia per voi. Da quattordici anni le temperature non stanno più aumentando e per di più ora il Sole si sta raffreddando, per cui la temperatura globale si ridurrà ancora”. Poi l’esperto si è ri volto al pubblico: “La famosa mazza da hockey è solo il frutto di misurazioni erra te”. Di fronte a lui erano seduti pensionati in costose giacche da escursionismo che annuivano soddisfatti. “La fine delle certezze” era il titolo della serie di iniziative organizzate dalla cancelleria di stato della Sassonia. Vahrenholt era in buona compagnia: l’ex primo ministro sassone Kurt Bie denkopf, il ministro della difesa Thomas de Maizière, l’esperto di sicurezza dei Verdi Winfried Nachtwei e la scrittrice austriaca Kathrin Röggla. All’inizio dell’incontro Vahrenholt è stato presentato come scienziato esperto di questioni climatiche, impegnato nelle politiche per l’ambiente, manager e autore di libri. Non si è accenna to al fatto che la sua è una posizione isolata, che i giornalisti specializzati hanno stroncato il suo libro, definendolo l’opera populista di un non addetto ai lavori. Alcuni studenti hanno fatto delle domande critiche, ma Vahrenholt aveva uno studio da citare per ogni obiezione e un nu mero pronto per controbattere a ogni tesi. Alla fine sembrava un pubblico di pazzi che aveva davanti uno che ha capito tutto della vita. Il giorno in cui Vahrenholt ha parlato a Dresda erano passati quattordici anni da quando Mann e i suoi due colleghi avevano pubblicato il grafico della mazza da hockey. Nel frattempo le emissioni annuali di anidride carbonica sono aumentate di più del 40 per cento. fp

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  1. […] vada sempre a braccetto con libertà, democrazia e tante altre belle cose – basti pensare al proliferare dei siti negazionisti del post-climategate. C’è inoltre da considerare che la democrazia non è solo la luminosità […]

  2. […] vada sempre a braccetto con libertà, democrazia e tante altre belle cose – basti pensare al proliferare dei siti negazionisti del post-climategate. C’è inoltre da considerare che la democrazia non è solo la luminosità […]

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